Sabato, 05 Giugno 2010 00:00

C' E' POCO DA FESTEGGIARE...

Ora che ci siamo rasserenati (ma non del tutto, in quanto il testo della cosiddetta manovra rinvia ad altra data lo sciagurato evento) in merito alla ventilata soppressione della Provincia di Matera, ci sentiamo nello stato d’animo di affrontare un altro spinoso problema. No, non si tratta della eccessiva e sanguinosa azione delle milizie israeliane contro i filopalestinesi che cercavano di forzare il blocco delle acque territoriali di quel paese. Non si tratta nemmeno della giusta ira del presidente Barack Obama rispetto alla catastrofe ecologica del golfo del Messico. Questi sono argomenti di una tale e drammatica complessità da non poter essere ospitati in questa rubrica, se non a rischio di fare il verso alla “mosca cocchiera” di letteraria memoria.
C' E' POCO DA FESTEGGIARE...
 
Ora che ci siamo rasserenati (ma non del tutto, in quanto il testo della cosiddetta manovra rinvia ad altra data lo sciagurato evento) in merito alla ventilata soppressione della Provincia di Matera, ci sentiamo nello stato d’animo di affrontare un altro spinoso problema. No, non si tratta della eccessiva e sanguinosa azione delle milizie israeliane contro i filopalestinesi che cercavano di forzare il blocco delle acque territoriali di quel paese. Non si tratta nemmeno della giusta ira del presidente Barack Obama rispetto alla catastrofe ecologica del golfo del Messico. Questi sono argomenti di una tale e drammatica complessità da non poter essere ospitati in questa rubrica, se non a rischio di fare il verso alla celebre “mosca cocchiera” di letteraria memoria. Si tratta dei festeggiamenti del 150mo dell’Unità d’Italia. Trascorso il 2 Giugno, festa della nostra Repubblica Italiana, non ci sentiamo del tutto disposti a festeggiare l’anniversario di una guerra d’aggressione condotta dal Regno di Piemonte contro un altro Stato sovrano, il Regno delle Due Sicilie, che subì, suo malgrado, l’impresa dei Mille e l’occupazione sabauda. Fatta salva la figura di Giuseppe Garibaldi, non ci sentiamo proprio di rimembrare le imprese, per esempio, di Nino Bixio e il suo famoso massacro di Bronte, né le fucilazioni e le impiccagioni dell’esercito piemontese, che vinse soprattutto grazie al tradimento dei “generali felloni”. Evitiamo di parlare del ruolo dell'inglese lord Palmerston e dei reali d'Inghilterra, parenti diretti dei Borbone di Napoli. Dove ci fu resistenza, come a Gaeta, i “liberatori” vinsero ricorrendo non al valore delle armi ma ad altri e meno nobili espedienti. Alla fine, il padano Enrico Cialdini ebbe la meglio, a forza di massacri ed esecuzioni sommarie. E così fu “conquistato”un regno, quello borbonico, non del tutto felice (proprio come accadeva nelle altre nazioni d’Europa) ma ricco, tanto da detenere nelle sue casse il doppio dei denari di tutti gli altri Stati italiani (Piemonte compreso) messi insieme. Nessuno penserebbe, oggi, di gridare alla secessione come ha fatto fino ad avantieri la Lega di Bossi ed accoliti. Consentiteci, però, di rimpiangere quello che siamo stati e il dovizioso numero di primati che il Regno delle Due Sicilie deteneva. Altro che “feste, farina e forca” che la storia dei vincitori ha voluto imporci, insieme alla coscrizione obbligatoria, alla piemontesizzazione di tutti gli stati italiani e alla “spremitura” di tasse e gabelle. Ci sentiamo italiani ma, credeteci, c’è poco da festeggiare. Per non dimenticare http://www.youtube.com/watch?v=Pm-M2hDjFDM  oppure http://www.youtube.com/watch?v=ZB28WA-ml9A&feature=related 
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