Sabato, 01 Maggio 2010 00:00

IL PRIMO MAGGIO

Il primo Maggio deve essere sicuramente una festa, ma non deve farci dimenticare l'impegno comune a mantenere alto il livello delle condizioni di vita e di benessere raggiunto faticosamente nel corso degli anni. Così come non possiamo permetterci di dimerticarci di chi il lavoro non l'ha più e di chi il lavoro, come molti giovani meridionali, non l'ha mai avuto. Lo sforzo odierno deve andare in questa direzione: il lavoro innanzitutto. Per il resto, abbiamo deciso di affidare il ricordo della ricorrenza a una fonte autorevole, qual è la Cgil di Roma e del Lazio, in particolare l’Archivio Storico "Manuela Mezzelani", meglio se con il sottofondo dell’Inno dei lavoratori, scritto alla fine di due secoli fa da Filippo Turati.

IL PRIMO MAGGIO

Difficile pensare a questa ricorrenza senza pensare, nel contempo, all'impegno e alla lotta  per il riscatto (come lo chiamavano i primi sindacalisti e attivitisti dei partiti della sinistra) delle fasce meno tutelate e protette della popolazione italiana e in particolare del Sud. Il primo Maggio deve essere sicuramente una festa, ma non deve farci dimenticare l'impegno comune a mantenere alto il livello delle condizioni di vita e di benessere raggiunto faticosamente nel corso degli anni. Così come non possiamo permetterci di dimenrticarci di chi il lavoro non l'ha più e vive di ammortizzatori sociali e di chi il lavoro, come molti giovani meridionali, non l'ha mai avuto. Lo sforzo odierno deve andare in questa direzione: il lavoro innanzitutto.Per il resto, abbiamo deciso di affidare il ricordo della ricorrenza a una fonte autorevole, qual è la Cgil di Roma e del Lazio, in particolare l’Archivio Storico  "Manuela Mezzelani", meglio se con il sottofondo dell’Inno dei lavoratori di Francesco Turati, uno dei fondatori del Partito socialista italiano  http://www.youtube.com/watch?v=k2kc6yqRFcE

 

Il 1° maggio nasce il 20 luglio 1889,a Parigi. A lanciare l'idea è il congresso della Seconda Internazionale, riunito in quei giorni nella capitale francese: "Una grande manifestazione sarà organizzata per una data stabilita, in modo che simultaneamente in tutti i paesi e in tutte le città, nello stesso giorno, i lavoratori chiederanno alle pubbliche autorità di ridurre per legge la giornata lavorativa a otto ore e di mandare ad effetto le altre risoluzioni del Congresso di Parigi". Poi, quando si passa a decidere sulla data, la scelta cade sul 1 maggio. Una scelta simbolica: tre anni prima infatti, il 1 maggio 1886, una grande manifestazione operaia svoltasi a Chicago, era stata repressa nel sangue. Man mano che ci si avvicina al 1 maggio 1890 le organizzazioni dei lavoratori intensificano l'opera di sensibilizzazione sul significato di quell'appuntamento. "Lavoratori - si legge in un volantino diffuso a Napoli il 20 aprile 1890 - ricordatevi il 1 maggio di far festa. In quel giorno gli operai di tutto il mondo, coscienti dei loro diritti, lasceranno il lavoro per provare ai padroni che, malgrado la distanza e la differenza di nazionalità, di razza e di linguaggio, i proletari sono tutti concordi nel voler migliorare la propria sorte e conquistare di fronte agli oziosi il posto che è dovuto a chi lavora. Viva la rivoluzione sociale! Viva l'Internazionale!". Monta intanto un clima di tensione, alimentato da voci allarmistiche: la stampa conservatrice interpreta le paure della borghesia, consiglia a tutti di starsene tappati in casa, di fare provviste, perché non si sa quali gravi sconvolgimenti potranno accadere. Da parte loro i governi, più o meno liberali o autoritari, allertano gli apparati repressivi. In Italia il governo di Francesco Crispi usa la mano pesante, attuando drastiche misure di prevenzione e vietando qualsiasi manifestazione pubblica sia per la giornata del 1 maggio che per la domenica successiva, 4 maggio. In diverse località, per incoraggiare la partecipazione del maggior numero di lavoratori, si è infatti deciso di far slittare la manifestazione alla giornata festiva. Del resto si tratta di una scommessa dall'esito quanto mai incerto: la mancanza di un unico centro coordinatore a livello nazionale - il Partito socialista (fondato in Italia nel 1892 ndr) e la Confederazione generale del lavoro sono di là da venire - rappresenta un grave handicap dal punto di vista organizzativo. Non si sa poi in che misura i lavoratori saranno disposti a scendere in piazza per rivendicare un obiettivo, quello delle otto ore, considerato prematuro da gran parte dei dirigenti del movimento operaio italiano o per testimoniare semplicemente una solidarietà internazionale di classe. Proprio per questo la riuscita del 1 maggio 1890 costituisce una felice sorpresa, un salto di qualità del movimento dei lavoratori,che per la prima volta dà vita ad una mobilitazione su scala nazionale, per di più collegata ad un'iniziativa di carattere internazionale. In numerosi centri, grandi e piccoli, si svolgono manifestazioni, che fanno registrare quasi ovunque una vasta partecipazione di lavoratori. Un episodio significativo accade a Voghera, dove gli operai, costretti a recarsi al lavoro, ci vanno vestiti a festa. "La manifestazione del 1 maggio - commenta a caldo Antonio Labriola - ha in ogni caso superato di molto tutte le speranze riposte in essa da socialisti e da operai progrediti. Ancora pochi giorni innanzi, la opinione di molti socialisti, che operano con la parola e con lo scritto, era alquanto pessimista". Anche negli altri paesi il 1 maggio ha un'ottima riuscita: "Il proletariato d'Europa e d'America - afferma compiaciuto Fiedrich Engels - passa in rivista le sue forze mobilitate per la prima volta come un solo esercito. E lo spettacolo di questa giornata aprirà gli occhi ai capitalisti". 
Visto il successo di quella che avrebbe dovuto essere una rappresentazione unica, viene deciso di replicarla per l'anno successivo. Il 1 maggio 1891 conferma la straordinaria presa di quell'appuntamento e induce la Seconda Internazionale a rendere permanente quella che, da lì in avanti, dovrà essere la "festa dei lavoratori di tutti i paesi". Inizia così la tradizione del 1 maggio, un appuntamento al quale il movimento dei lavoratori si prepara con sempre minore improvvisazione e maggiore consapevolezza. L'obiettivo originario delle otto ore viene messo da parte e lascia il posto ad altre rivendicazioni politiche e sociali considerate più impellenti. La protesta per le condizioni di miseria delle masse lavoratrici anima le manifestazioni di fine Ottocento. Il 1 maggio 1898 coincide con la fase più acuta dei "moti per il pane", che investono tutta Italia e hanno il loro tragico epilogo a Milano. Nei primi anni del Novecento il 1 maggio si caratterizza anche per la rivendicazione del suffragio universale e poi per la protesta contro l'impresa libica e contro la partecipazione dell'Italia alla guerra mondiale. Si discute intanto sul significato di questa ricorrenza: giorno di festa, di svago e di divertimento oppure di mobilitazione e di lotta? Un binomio, questo di festa e lotta, che accompagna la celebrazione del 1 maggio nella sua evoluzione più che secolare, dividendo i fautori dell'una e dell'altra caratterizzazione. Qualcuno ha inteso conciliare gli opposti, definendola una "festa ribelle", ma nei fatti il 1 maggio è l'una e l'altra cosa insieme, a seconda delle circostanze più lotta o più festa. Il 1 maggio 1919 i metallurgici e altre categorie di lavoratori possono festeggiare il conseguimento dell'obiettivo originario della ricorrenza: le otto ore. Nel volgere di due anni però la situazione (con l’affermarsi del movimento fascista e la marcia su Roma ndr) muta radicalmente. Benito Mussolini arriva al potere e proibisce la celebrazione del 1 maggio. Durante il fascismo la festa del lavoro viene spostata al 21 aprile, giorno del cosiddetto Natale di Roma; così snaturata, essa non dice più niente ai lavoratori, mentre il 1 maggio assume una connotazione quanto mai "sovversiva", divenendo occasione per esprimere in forme diverse - dal garofano rosso all'occhiello alle scritte. All'indomani della Liberazione, il 1 maggio 1945, partigiani e lavoratori, anziani militanti e giovani che non hanno memoria della festa del lavoro, si ritrovano insieme nelle piazze d'Italia in un clima di entusiasmo. Appena due anni dopo il 1 maggio è segnato dalla strage (in Sicilia ndr) di Portella della Ginestra, dove gli uomini del bandito Salvatore Giuliano fanno fuoco contro i lavoratori che assistono al comizio. Nel 1948 le piazze diventano lo scenario della profonda spaccatura che, di lì a poco, porterà alla scissione sindacale. Bisognerà attendere il 1970 per vedere di nuovo i lavoratori di ogni tendenza politica celebrare uniti la loro festa. Le trasformazioni sociali, il mutamento delle abitudini ed anche il fatto che al movimento dei lavoratori si offrono altre occasioni per far sentire la propria presenza, hanno portato al progressivo abbandono delle tradizionali forme di celebrazione del 1 maggio. Oggi un'unica grande manifestazione unitaria esaurisce il momento politico, mentre il concerto rock che da qualche anno Cgil, Cisl e Uil (ma i tempi sembrano maturi per coinvolgere nei festeggiamenti unitari anche alla recente Ugl, nata dalle ceneri del sindacato di destra Cisnal ndr) organizzano per i giovani sembra aderire perfettamente allo spirito del 1 maggio, come lo aveva colto nel lontano 1903 Ettore Ciccotti: "Un giorno di riposo diventa naturalmente un giorno di festa, l'interruzione volontaria del lavoro cerca la sua corrispondenza in una festa de'sensi; e un'accolta di gente, chiamata ad acquistare la coscienza delle proprie forze, a gioire delle prospettive dell'avvenire, naturalmente è portata a quell'esuberanza di sentimento e a quel bisogno di gioire, che è causa ed effetto al tempo stesso di una festa".

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