Martedì, 18 Agosto 2009 00:00

L' INSURREZIONE CONTRO IL "PISCIATOIO"

Riceviamo dall’amico Franco Vespe e pubblichiamo Gi abitanti del vicoletto che congiunge Via Roma e Via don Minzioni (due strade ubicate nel centro di Matera ndr) alla fine sono insorti contro i giovanissimi materani che bivaccano fino a notte fonda lasciando bottiglie vuote di alcoolici ed urina maleodorante. Da qui il soprannome del “pisciatoio” dato al vicolo dai nostri stessi figli ! La domanda che noi genitori dovremmo porci è: “perché i nostri figli si scelgono posti per incontrarsi così squallidi? La II domanda investe invece direttamente e pesantemente l’amministrazione comunale a cui compete non solo la materia urbanistica ma anche e soprattutto le questioni in ambito socio-assistenziale; ovvero: quali dovranno essere le scelte urbanistiche e...

L' INSURREZIONE CONTRO IL "PISCIATOIO"

 

Riceviamo dall’amico Franco Vespe e pubblichiamo

 

Gi abitanti del vicoletto che congiunge Via Roma e Via don Minzioni (due strade ubicate nel centro di Matera ndr) alla fine sono insorti contro i giovanissimi materani che bivaccano fino a notte fonda lasciando bottiglie vuote di alcoolici  ed urina maleodorante. Da qui il soprannome del “pisciatoio” dato al vicolo dai nostri stessi figli !  La domanda che noi genitori dovremmo porci è: “perché i nostri figli si scelgono posti per incontrarsi così squallidi? La II domanda investe invece direttamente e pesantemente l’amministrazione comunale a cui compete non solo la materia urbanistica ma anche e soprattutto le questioni in ambito socio-assistenziale; ovvero: quali dovranno essere le scelte urbanistiche e socio-assistenziali perché i nostri adolescenti evitino di imbucarsi in queste squallide e degradate latrine urbanistiche? Alla prima domanda devono rispondere le competenze e le dottrine in campo nel settore formativo-educativo e socio-assistenziale. E’ un problema prima di tutto educativo perché nelle nostre scuole, come nelle nostre vite familiari e virtuali, manca un impegno serio di educazione al “bello” del quale il senso civico è  parte integrante. Non si può certo ignorare che dietro queste “sporche” scelte dei luoghi di incontro c’è  una forma tragica di autolesionismo delle nostre giovani leve. Una forma di autolesionismo applicata per la necessità di sentirsi vivo e protagonista. In una società che ha virtualizzato le piazze  e la stessa realtà; dove meccanismi giganteschi e mostruosi, al di fuori della gittata del nostro occhio sensibile decidono del nostro destino; il procurarsi sensazioni forti fino a superare la soglia del  “dolore” rimane l’unica prova vera incontrovertibile che “io esisto”. E’ il fatidico pizzicotto che ci si da dopo un trauma per avere la dimostrazione che si è ancora vivi. Con la mia adolescente di casa più ribelle e recalcitrante chi scrive ha ingaggiato una furiosa battaglia per evitare almeno che si devasti il suo corpo con malsani e orribili “piercing”. E’ questa una moda (una moda non si afferma mai per caso o per capriccio!) dettata da questo malessere esistenziale e dalle nuove forme di alienazione a cui oggi, più di ieri, siamo sottoposti. La consorte di chi vi parla, operatrice in una comunità di alcoolisti e tossicodipendenti –i veri poveri della nostra società- da un po’ di tempo a questa parte traffica con i video di Benigni che spiegano la Divina Commedia. Sta usando cioè la “Bellezza” come forma di ri-educazione e di riscatto. Ne sta facendo ormai dei raffinati conoscitori del Sommo Poeta suscitando spesso nelle loro famiglie di provenienza, sbigottimento e meraviglia per le citazioni dotte che sfoderano ormai con disinvoltura. Probabilmente le nostre scuole e noi genitori se fossimo maggiormente impegnati nell’educare al bello e meno ripiegati nell’alimentare l’ansia della“performance” riusciremmo a strappare dal pisciatoio i nostri ragazzi. Ma dicevamo, che in questa opera di ri-educazione   ha un ruolo altrettanto importante chi prende decisioni nelle nostre città. Da quando è stato fatto il rivoluzionario (?) recupero di P.zza Vittorio Veneto nessuno si è preoccupato di capire perché i giovani, che prima erano tutti lì, sono migrati in altri lidi. Ai miei tempi (anni 70) c’era una spartizione  geografica rigorosa dei vari centri di aggregazione dei giovani a P.zza Vittorio Veneto fra l’altro riccamente alberata. C’erano i ragazzi della Singer (a sinistra subito dopo via Roma). Ragazzi a-politici e benestanti. Poi c’erano i liceali e gli universitari che si ritrovavano davanti al Bar Tripoli e c’erano i frikkettoni extra-parlamentari di sinistra che bivaccavano al fontanino davanti alla prefettura. Infine c’era lo struscio domenicale di popolo tipico della tradizione materana che si svolgeva dalla villa fino alla Banca Popolare sul marciapiede dove poggia la prefettura. Poi negli anni 80 il baricentro geografico dei nostri giovani si spostò in via Roma. E li iniziarono ad apparire le prime bottiglie di birra. Negli anni 90 la gioventù migrò verso P.zza Mulino e lì ci fu vera e propria devastazione degna del peggior Bronx. Non solo bottiglie di alcoolici vari ma muri insozzati e lastre di marmo divelte. Negli ultimi tempi ci sono stati due eventi urbanistici che hanno un po’ perturbato l’attuale geografia: l’apertura dopo quasi 20 anni del boschetto e lo spostamento della “Fontana” al suo posto di origine a P.zza Vittorio Veneto. Da P.zza Mulino i teenagers più teneri si sono spostati al boschetto; mentre i “veterani” si sono riversati al pisciatoio. La fontana invece è diventata un sedile per mamme e papà che sorvegliano i loro figlioletti scorazzanti nella piazza. Ora è necessario che la nostra Piazza torni a vivere e torni a vivere con il vociare ed il cinguettio dei nostri giovani. E necessario cioè che si pensi a dotare la piazza di un ricco arredo urbano che favorisca la formazione di nicchie discrete in grado di richiamare i nostri giovani e, soprattutto,  che la si doti di funzioni e servizi tali da farla attraversare dalle pulsazioni vitali della nostra città. Oggi è solo un  arido accecante deserto di pietra. Sarebbe bello per questa operazione coinvolgere i nostri architetti come i nostri operatori sociali e scolastici.

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