Sabato, 08 Agosto 2020 17:17

A UN ANNO DAL ROGO DE "LA FELANDINA"

Riceviamo e pubblichiamo una lettera da Mons. Giuseppe Caiazzo, Arcivescovo della Diocesi di Matera-Irsina, scritta in occasione dell'anniversario  del rogo del capannone "la Felandina" a Metaponto.

"E già passato un anno da quel tragico rogo della Felandina, dove perse la vita la giovane Petty in modo cruento e crudele. Come pastore della Chiesa di Matera-Irsina, sento di partecipare, se pur da lontano, a questo momento che fa memoria di una donna e di una ferita che appartiene a tutti. Ebbi a dire allora che la Felandina fu una sconfitta per tutti. Lo ribadisco ora. S. Giovanni Paolo II espresse questo profetico concetto, quando c’erano altri fenomeni migratori: “Nella Chiesa nessuno è straniero e la Chiesa non è straniera a nessuno”. Ma forse in questo momento dovremmo dire: “Nella terra nessuno è straniero e la terra non è straniera a nessuno”. La Chiesa ha il sacrosanto dovere di evangelizzare anche attraverso i suoi interventi di promozione umana e la testimonianza della carità. Sa benissimo che deve mantenere viva la coscienza che la sua missione primaria è l’annuncio diretto di Cristo ad ogni uomo concretizzando quanto viene annunciato. Una fede senza prossimità è teoria, cerimonia, ritualità, fideismo. La fede, ci ricordano Benedetto XVI e Papa Francesco “si trasmette per contatto”. Fuori da questa logica, quella dell’amore, non c’è Chiesa. Si nasconde una organizzazione come tante altre: manca il mistero fondamentale dell’incarnazione che si è svelato con la venuta di Gesù nel mondo. In questa logica, come Chiesa di Matera-Irsina, grazie all’impegno costante della Caritas Diocesana, della Fondazione Migrantes, e ai confratelli sacerdoti di Bernalda e Metaponto, ci siamo mossi, trovando nelle istituzioni, nei tanti enti e associazioni del territorio quella collaborazione necessaria e indispensabile. L’apertura di “Casa Betania”, casa della dignità a Serramarina e dei due appartamenti a Metaponto sono la nostra risposta per dire che è possibile agire, trovando soluzioni che aiutano questi nostri fratelli a integrarsi nel nostro contesto sociale, culturale e religioso. Tuttavia mi chiedo: lo sgombero della Felandina, successiva al rogo, ha risolto il problema? E ancora: al di là delle tante dichiarazioni propagandistiche, di facciata, di interesse personali o di partito, cosa è stato fatto nel frattempo affinchè questi uomini e donne venissero trattati come esseri umani? Sono ormai almeno decenni che sento dire che “gli immigrati” vanno aiutati nei loro paesi d’origine. Mi chiedo: cosa è stato fatto nel frattempo nei loro paesi per aiutarli a vivere dignitosamente? Vorrei delle risposte che purtroppo non trovo. Ogni cristiano sa benissimo che è chiamato a testimoniare che alla base della convivenza umana ci sono sentimenti e scelte indispensabili: il rispetto, l’accoglienza, la solidarietà, e quindi il rifiuto di ogni discriminazione verso chiunque, compresi gli immigrati. Dovrebbe essere un’esigenza umana, cioè di tutti, ma per noi credenti un’esigenza che scaturisce dalla fede in Gesù Cristo e dall’adesione al Vangelo della carità. Ringrazio tutti voi, carissimi confratelli nel sacerdozio, Signor Sindaco, voi che rappresentate diversi enti e aziende, per quanto state facendo e continuate a fare"

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