Mercoledì, 15 Aprile 2009 00:00

LE NOSTRE CASE SONO SICURE DAL TERREMOTO?

Riceviamo dal presidente dell’Ordine degli ingegneri di Matera Roberto Bolettieri e pubblichiamo L’ing. Roberto Bolettieri, presidente dell’Ordine degli ingegneri della Provincia di Matera, ritiene doveroso esprimere, anche a nome di tutti gli ingegneri iscritti a questo ordine provinciale, il più profondo cordoglio e la più sincera solidarietà nei confronti della popolazione abruzzese colpita dal terremoto. L’Ordine degli Ingegneri di Matera, insieme a tutti gli altri Ordini d’Italia, sta raccogliendo le disponibilità di tecnici esperti di strutture portanti in zona sismica che, per il tramite del Consiglio Nazionaledegli Ingegneri, saranno segnalati alla Protezione Civile per la verifica delle strutture danneggiate d’Abruzzo. Segue in pagina.
LE NOSTRE CASE SONO SICURE DAL TERREMOTO?
 
Riceviamo dal presidente dell’Ordine degli ingegneri di Matera Roberto Bolettieri e pubblichiamo
 
L’ing. Roberto Bolettieri, presidente dell’Ordine degli ingegneri della Provincia di Matera, ritiene doveroso esprimere, anche a nome di tutti gli ingegneri iscritti a questo ordine provinciale, il più profondo cordoglio e la più sincera solidarietà nei confronti della popolazione abruzzese colpita dal terremoto. L’Ordine degli Ingegneri di Matera, insieme a tutti gli altri Ordini d’Italia, sta raccogliendo le disponibilità di tecnici esperti di strutture portanti in zona sismica che, per il tramite del Consiglio Nazionaledegli Ingegneri, saranno segnalati alla Protezione Civile per la verifica delle strutture danneggiate d’Abruzzo. L’ing. Bolettieri, memore delle situazioni e degli effetti dei terremoti che hanno sconvolto il nostro Paese negli ultimi trent’anni (Friuli, Sicilia, Campania e Basilicata, Umbria, Molise ed ora Abruzzo), ritiene però che si doveva e si dovrebbe fare molto di più, soprattutto in termini di prevenzione e di informazione. Nelle recenti trasmissioni televisive, ove troppo spesso i partecipanti non tecnici appaiono assai poco informati di cosa sia veramente un terremoto, è risultato molto limitativo dare poco spazio agli ingegneri, cioè a coloro i quali si misurano quotidianamente con la stabilità delle strutture portanti e, quindi, con la vita e la sicurezza dell’uomo. Credo – continua l’ing. Bolettieri – che alla gente debba essere detta tutta la verità, sicuramente in termini semplici, però nella sua globalità, e non sottolineare aspetti particolari che possono indurre a facili condanne e/o ad esemplificazioni inopportune. La verità è che la legislazione sismica italiana, per come si è evoluta ed ancora vigente, è arretrata di alcune decine d’anni rispetto ai Paesi più avanzati nel settore (Stati Uniti d’America, Giappone, Nuova Zelanda). Solo a partire dal 2003, con la nota Ordinanza del Consiglio dei Ministri n. 3274 (e, purtroppo, sempre a seguito di un evento sismico disastroso – nel Molise – e non per programmazione), tutto il territorio italiano è stato giustamente classificato sismico (ovviamente con diverse “gradazioni”) e l’Italia si è finalmente dotata di una normativa sismica adeguata alle conoscenze delle comunità scientifiche internazionali ed europee. Tale normativa, evoluta nelle cosiddette “NTC 2008” nella loro edizione più recente, sarà però obbligatoria dal giugno 2010 (a meno delle opere “strategiche” - caserme, ospedali, prefetture, ecc. – solo per le quali è attualmente prescrittiva). Con tale normativa si abbandona il cosiddetto metodo delle “tensioni ammissibili” (incapace di rappresentare il reale comportamento delle strutture portanti durante il terremoto) e si impone l’utilizzo dei cosiddetti “stati limite” (che, allo “stato limite ultimo”, rappresentano a pieno i fenomeni di “rottura” dovuti al sisma), oltre ad una più adeguata maggiorazione della entità delle forze sismiche (che vengono rivisitate in termini esaustivi ed aderenti alla realtà). Continuando nella doverosa informazione, non è assolutamente certo, per gli edifici costruiti nel rispetto delle norme sismiche del passato, che la struttura sia in grado di resistere al sisma cosiddetto “atteso” nella zona, tenendo fra l’altro conto che la resistenza dei materiali portanti con i quali sono stati costruiti (conglomerato cementizio, acciaio, muratura) “degrada” nel tempo. La sicurezza di un edificio al terremoto si può valutare con la cosiddetta analisi di “vulnerabilità sismica”, alla fine sintetizzata da un indicatore numerico che, al limite della stabilità sismica, è pari all’unità. Valori inferiori ad uno evidenziano una situazione negativa, e cioè che
l’edificio è vulnerabile al sisma e va adeguatamente rinforzato, tanto più quanto tale numero risulta inferiore all’unità. Negli ultimi anni la Regione Basilicata, le Province ed i Comuni di Matera e Potenza hanno fatto redigere le analisi di vulnerabilità sismica per buona parte degli edifici pubblici esistenti (ospedali, scuole, ecc.), per cui nella nostra Regione si dovrebbe avere un quadro chiaro della capacità di resistenza al terremoto di tali edifici. Quasi nulla è stato fatto per gli edifici privati, nemmeno a livello di informazione. In particolare, si segnala la pericolosità per quegli edifici, sia pubblici che privati, costruiti nei primi decenni del dopoguerra, soprattutto nelle zone all’epoca non ancora classificate sismiche: per tali edifici, oltre al degrado dei materiali di per sé allora meno resistenti (calcestruzzo di “bassa” resistenza, acciaio in barre “lisce”, murature con malta di non alta qualità), le strutture portanti non sono state assolutamente concepite per resistere al terremoto. Un ulteriore cenno meritano gli edifici monumentali: è evidente che un adeguamento sismico stravolgerebbe il loro aspetto storico ed artistico, e quindi l’interesse per la loro fruibilità, ma è altrettanto vero che il loro consolidamento, il collegamento delle membrature principali e secondarie, l’inibizione dei fenomeni di rotazione o di caduta dall’alto dei pesanti elementi murari che li costituiscono sono assolutamente prioritari rispetto al restauro architettonico. Oltre ovviamente al dovere d’informazione, in tal senso, alla gente che ne fruisce. Qual è allora l’appello che si deve lanciare alla politica ed alla società civile ? Innanzitutto occorre sfatare il luogo comune secondo il quale il terremoto è un evento naturale imprevedibile: il sisma, invece, è ben conosciuto in termini “probabilistici” sia nella sua intensità di devastazione sia nell’arco temporale in cui può accadere (si parla di “periodo di ritorno”). Bisogna poi prendere coscienza che le strutture portanti non hanno una durata infinita, bensì un inizio, una durata ed una fine: poichè esse garantiscono la nostra sicurezza e la nostra vita, vanno continuamente verificate e manutenute. Per gli edifici e le infrastrutture pubbliche, sia quelle “strategiche” che quelle soggette a notevole affollamento (come le scuole), è assolutamente prioritario intervenire con opportuni finanziamenti per adeguarli al terremoto. Per gli edifici privati occorre porre in essere una verifica di vulnerabilità sismica generalizzata, in modo da valutare la sicurezza al sisma, la necessità e/o la convenienza di un adeguamento sismico, nei casi peggiori la demolizione con conseguente ricostruzione (in questo senso il “piano casa” del Governo sicuramente aiuta). Deve essere ripresa l’idea del fascicolo del fabbricato, nel quale raccogliere anche le informazioni tecniche relative alle strutture portanti, da conservare non solo presso l’edificio interessato, ma anche presso le strutture pubbliche all’uopo dedicate, con modalità di facile ed immediato reperimento. Ancora, la programmazione della protezione civile, non solo nelle zone a più alto rischio sismico, deve comprendere anche la diffusione di linee guida comportamentali, ivi comprese l’informazione e le applicazioni pratiche nel caso di terremoto. Tutto ciò non può essere lasciato né all’improvvisazione né alla recriminazione ad evento avvenuto, ma deve determinare un disegno organico nel quale gli ingegneri (in particolare quelli esperti di strutture) devono prendersi tutte le loro responsabilità ma, parimenti, devono essere considerati, per le loro competenze esclusive, parte attiva ed indispensabile se si vogliono garantire la vita e la sicurezza dell’uomo.
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