Venerdì, 08 Novembre 2013 12:26

NOVANTASEI ANNI FA...

Novantasei (e un giorno, scusate il ritardo) anni fa il mondo fu sconvolto dall’evento. Ricorreva ieri, infatti, l'anniversario della Rivoluzione russa, quando nel 1917 (dopo un tentativo fallito nel 1905) la componente bolscevica (che significa, in pratica, maggioritaria) del parlamento russo zarista chiamò alla rivolta armata la popolazione di uno dei più grandi imperi ancora esistenti sulla faccia della terra. Contravvenendo a tutte le elaborazioni teoriche del filosofo Karl Marx non fu la classe operaia angariata dallo sfruttamento capitalistico e dall’alienazione della fabbrica a fare la rivoluzione ma i contadini...

...che in Russia erano appena al di sopra dei servi della gleba di marca feudale. Apostolo e guida della Rivoluzione fu quel Vladimir Ilic Ulianov Lenin che, grazie ai buoni auspici della Germania prussiana (che sperava, così di arrivare a una pace separata con lo Zar ed ammassare le truppe sul fronte occidentale), riuscì a raggiungere Mosca in un vagone blindato e a guidare le masse insorte. Seguì la proclamazione dell’Unione delle repubbliche socialiste sovietiche e una serie di eventi altamente positivi affiancati da altrettanti sanguinosi fatti negativi. Ricordiamoli con alcune parole chiave: la statalizzazione della proprietà privata, la terra ai contadini, la conquista della parità di diritti per tutti, l’eguaglianza tra uomini e donne, l’istruzione pubblica, la tutela dell’infanzia, l’assistenza sanitaria e pensionistica per tutti, il sentirsi artefici del proprio destino, l’abolizione delle odiose servitù fino ad allora inflitte da una nobiltà e un clero arretrato e chiuso ad ogni istanza di progresso. Di contro la Rivoluzione fece germogliare i semi di un assolutismo di tipo statale, la dura repressione delle libertà individuali sacrificate alla ragione e alle logiche di partito, il potenziamento delle polizie segrete e dei campi di concentramento per i dissidenti politici, lo sterminio degli ebrei, l’incapacità a trovare soluzioni per un’economia interna sempre più orientata a contenere i salari, affamando spesso la popolazione e favorendo un’esportazione di facciata finalizzata all’incameramento di valuta occidentale pregiata, spesso distribuita nelle tasche dei componenti la nomenklatura. Ma, nel bene e nel male, la Rivoluzione fu un grande evento che sconvolse il mondo, come scrisse il grande giornalista americano John Reed, oggi sepolto nel Cremlino non distante dal corpo imbalsamato di Lenin. Pensate a tutto ciò e confrontatelo con le piccinerie politiche di un partito, il Pd, che dovrebbe aver ereditato il grande insegnamento dei comunisti italiani, di quell’ala sinistra del Psi che nel 1921, a Livorno, diede vita alla scissione capeggiata da Antonio Gramsci, da Amadeo Bordiga e da Celeste Negarville. Certo, ci sono altre formazioni che rivendicano l'eredità di quel partito, ma il grosso è lì, proprio proprio nel Pd. Oggi, nel soffocante marasma precongressuale, assistiamo sconcertati al blocco del tesseramento e alle scaramucce dialettiche mentre, con il venir meno di Berlusconi, scompare anche l’unico vero elemento di coesione che teneva uniti ex comunisti, ex democristiani ed ex socialisti. La Quercia sta per cadere e i tanti opportunisti le sono intorno, pronti a far legna. Il mondo è davvero cambiato e, per certi versi, decisamente in peggio.

 

Letto 325 volte