Venerdì, 03 Settembre 2010 00:00

SAKINEH: NON POSSIAMO PERMETTERLO

 

 Mentre si spengono definitivamente i riflettori sull’ultima visita del leader libico Muhammar Gheddafi in Italia e sulle esternazioni canore del presidente Silvio Berlusconi, un argomento serio e drammatico ci costringe a cancellare ogni facezia da questa rubrica. Si tratta della signora iraniana Sakineh, per la quale si sta mobilitando tutto il mondo civile.

Accusata di adulterio e anche, pare, di concorso nell’omicidio del marito, quella persona rischia la pena capitale per lapidazione. Si tratta, come è facile immaginare, di uno dei più antichi, barbari e cruenti metodi di messa a morte di un essere umano. Non ci sono leggi coraniche che tengano. Ogni richiamo alla ritualità della sentenza è assolutamente fuori di posto, così come la comunità internazionale non può e non deve farsi condizionare dal principio di autodeterminazione che ogni nazione può vantare. Di fronte alla barbarie di questo gesto annunciato, la mobilitazione deve essere alta, decisa e unanime. Fa onore alla Francia e all’Italia la presa di posizione della premiere dame Carla Bruni – Sarkozy (pesantemente offesa da un giornale iraniano) che della difesa di Sakineh sta facendo una battaglia di principio e di civiltà. Dopo aver appreso che alla persona sono stati inferti anche novantanove colpi di frusta deve essere chiaro che pur non negando le responsabilità e le colpe di quella donna, non si potrà permettere un’altra atroce indegnità qual è l’uccisione a colpi di pietre. Su questo argomento il Governo italiano, nelle persone dei ministri Franco Frattini e Mara Carfagna, è mobilitato in modo attivo, come tutti i partiti, le organizzazioni femminili, gli esponenti del mondo sindacale, istituzionale e della cultura. Ci piacerebbe che si mobilitassero anche le tre (o quattro) convertite all’Islam nei giorni della catechesi gheddafiana. Per quanto libere di farlo, dimostrerebbero anche di avere coraggio, oltre che una scatola cranica con dentro l’ignoto.

 



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