Sabato, 31 Maggio 2008 00:00

BILANCIO: UN'OCCASIONE PERSA

Riceviamo dal presidente della Confesercenti di Matera Giovanni Schiuma e pubbichiamo La recente approvazione del bilancio comunale, con un forte incremento della tassazione irpef a carico di una grossa parte dei cittadini materni, mi spinge a fare una seria riflessione su quanto, questa scelta, peserà, soprattutto a livello psicologico, sulla già vacillante economia locale. La città sta attraversando un periodo difficile e preoccuppante; ogni giorno, oramai, le cronache locali riportano i numeri dell’ennesima disfatta industriale, con il polo del salotto che, da settore trainante del tessuto economico locale, rischia di diventare un fattore di crisi ben più grave di quelli verificatesi negli scorsi decenni.

BILANCIO: UN'OCCASIONE PERSA

Riceviamo dal presidente della Confesercenti  di Matera Giovanni Schiuma e pubbichiamo

La recente approvazione del bilancio comunale, con un forte incremento della tassazione irpef a carico di una grossa parte dei cittadini materni, mi spinge a fare una seria riflessione su quanto, questa  scelta, peserà, soprattutto a livello psicologico, sulla già vacillante economia locale. La città sta attraversando un periodo difficile e preoccuppante; ogni giorno, oramai, le cronache locali riportano i numeri dell’ennesima disfatta industriale, con il polo del salotto che, da settore trainante del tessuto economico locale, rischia di diventare un fattore di crisi ben più grave di quelli verificatesi negli scorsi decenni. Ogni mattina decine di giovani e meno giovani operai ed impiegati si svegliano con la speranza di essere riusciti, almeno per quella mattina, a conservare il posto di lavoro, mentre la classe imprenditoriale e politica locale e regionale sembra solo riflettere su come continuare ad impegnare risorse pubbliche in una sorta di accanimento terapeutico, anziché cominciare a immaginare una strategia di uscita dalla crisi, con la riconversione di aziende e maestranze verso settori diversi, puntando da una parte sulla produzione di salotti d’eccellenza (per un numero fortemente ridotto di aziende ed operai), e dall’altra sviluppando strategie di sviluppo in altri settori (da tempo suggerisco che il turismo dovrebbe essere il nostro principale ambito di riferimento). Sono d’accordo sul fatto che non si possa “abbandonare” a se stesso il polo del salotto, perdendo decenni di esperienza, di storia e di sacrifici, ma trovo anche imperdonabile che qualcuno pensi che l’unica soluzione sia quella di continuare a immaginare un settore imprenditoriale (ossia privato) semplicemente sostenuto da capitali pubblici. Trovo anche singolare che si chieda alle banche di “avere pazienza”, e lo trovo singolare tanto più se ciò dovesse accadere veramente, mentre decine e decine di micro e piccole imprese sono soffocate quotidianamente da costi bancari spesso esagerati, dalla difficoltà di accedere a finanziamenti per sostenere, sviluppare e rilanciare le proprie imprese, da scadenze di pagamento che diventano improcrastinabili, quasi che la micro e piccola impresa sia più sacrificabile, e le centinaia di posti di lavoro che essa rappresenta siano meno importanti. Le ricadute di questa situazione di incertezza sono sotto gli occhi di tutti: decine di piccole aziende che chiudono, artigianato al collasso, negozi vuoti, impegnati semplicemente nella nuova strategia aziendale che accomuna tutti, quel “tirare a campare” che sta diventando un’arte eccelsa soprattutto per la micro impresa locale. Accade però, stranamente, che i lamenti e le grida di dolore di chi, ogni giorno, rischia di veder sfumare il proprio sogno imprenditoriale, la propria bottega magari ereditata dai genitori, o il negozio aperto a costo di tanti sacrifici per inseguire il sogno di una vita economicamente indipendente, di una famiglia da costruire, non abbiano mai la risonanza e la considerazione che meritano. Da tempo chiedo e sollecito maggiori investimenti sul turismo, come vera risorsa del territorio, anche dal punto di vista occupazionale, con un ritorno economico più diffuso, che vedrebbe coinvolte centinaia e centinaia di imprese della ristorazione, dell’accoglienza, dei servizi, dell’abbigliamento, e che potrebbe, in tempi ragionevoli, riuscire a riassorbire buona parte dei posti di lavoro persi nel settore dei salotti. Qualcosa, a livello regionale, sembra muoversi, ma mi sembra ancora poco, considerate le potenzialità del settore: una considerazione su tutte è quella che bisognerà agire e formare gli imprenditori, perché se gli imprenditori (anche quelli piccoli) sono ben preparati ad accogliere sfide che sono globali, saranno loro a trainare l’economia, con la loro inventiva, l’attaccamento e la dedizione al lavoro, la loro maggiore elasticità ad adattarsi al mercato.In questo quadro ritengo sia stata assai infelice la scelta, da parte dell’amministrazione comunale, di aumentare la tassazione irpef, non solo per le conseguenze pratiche (minore capacità di spesa per un considerevole numero di famiglie materane) ma, anche e soprattutto per gli effetti psicologici che questa manovra comporterà. I materani si sentono già abbastanza poveri, e la cosiddetta classe media sta via via scomparendo: questo provvedimento aumenta la sensazione di incertezza e di “vessazione” e, contemporaneamente, non fornisce alcuna risposta, ad esempio, alla sfida del turismo, alla sfida dell’occupazione, alla sfida del rilancio della città, ma sembra, semplicemente, voler salvaguardare l’ordinaria amministrazione, senza alcuna innovazione visibile. Ci si poteva aspettare di più, soprattutto in considerazione della onerosità della manovra ma, evidentemente, ci si sbagliava! Quello che mi sorprende però, ed anche parecchio, è la dichiarazione del sindaco che avrebbe, a suo dire, “condiviso, con sindacati, cittadini e associazioni, il bilancio comunale”. Se il sindaco si riferisce all’unico incontro, nel quale decine e decine di associazioni sono state invitate ad assistere alla lettura del bilancio, e lo stesso è accaduto con la cittadinanza, allora è evidente che esistono due modi diversi di intendere la condivisione. La condivisione si sviluppa attraverso un percorso nel quale una parte ascolta l’altra, ne interpreta le esigenze ed i suggerimenti, illustra i propri obiettivi e cerca di contemperarli con le esigenze di chi, di quegli strumenti, ne subirà le ricadute, positive e negative. Dispiace che l’amministrazione abbia perso l’ennesima occasione di dimostrare la propria capacità di coinvolgere e condividere ma, nonostante tutto,  personalmente non smetterò di impegnarmi per lavorare a favore di un maggiore coinvolgimento della cosiddetta società civile nelle scelte e nelle decisioni che interessano la città.

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