Lunedì, 11 Febbraio 2008 00:00

HILLARY, BARACK OPPURE JOHN?

Francamente, non sappiamo se sia un giallo quello che sta interessando gli Stati Uniti d’America. Non sappiamo, di certo, se i delegati che poi decideranno chi sarà il candidato per i democratici siano in numero maggiore per Obama o per Clinton. A quanto pare, la sfida continuerà sul filo di lana e potrebbe esserci più di un colpo di scena. Certo, l’ideale sarebbe che, ora che i due contendenti dell’asinello hanno smorzato i toni polemici, l' uno fosse il vicepresidente dell’altro o meglio dell’altra. Quello che è davvero interessante è che dopo decenni gli americani si stanno riavvicinando alla politica. Lo diceva, proprio martedì scorso, data dello svolgimento delle “primarie” in oltre venti stati, il console americano Patrick Truhn, in visita a Matera.
HILLARY, BARACK OPPURE JOHN?
 
Francamente, non sappiamo se sia un giallo quello che sta interessando gli Stati Uniti d’America. Non sappiamo, di certo, se i delegati che poi decideranno chi sarà il candidato per i democratici siano in numero maggiore per Obama o per Clinton. A quanto pare, la sfida continuerà sul filo di lana e potrebbe esserci più di un colpo di scena. Certo, l’ideale sarebbe che, ora che i due contendenti dell’asinello hanno smorzato i toni polemici, l'uno fosse il vicepresidente dell’altro o meglio dell’altra, Già, perché essere un ultraquarantenne secondo solo a una sessantenne significherebbe aprire sin dal primo giorno le porte a una successione certa per il successivo mandato presidenziale. Esiste, ovviamente, un problema di fondo rappresentato dal consorte di Hillary, quel Bill Clinton già presidente degli Usa, che quasi sicuramente sarà il vero vice di sua moglie. Tutto ciò non è gradito ad Obama e ancora meno alla sua squadra, che ha dato prova di saper combattere strenuamente una battaglia anche contro i poteri per quanto democratici ma “forti” che Hillary rappresenta. Quello che è davvero interessante è che dopo decenni gli americani si stanno riavvicinando alla politica. Lo diceva, proprio martedì scorso, data dello svolgimento delle “primarie” in oltre venti stati (e dell’altrettanto atteso Super Bowl di football americano), il console americano Patrick Truhn, in visita a Matera. Dopo aver elegantemente glissato sulla richiesta di un pronostico (chi vincerà tra democratici e repubblicani) il diplomatico ha sottolineato il grande fervore che sta caratterizzando l’elettorato degli States. E, si badi, non si tratta dell’elemento di novità più evidente, vale a dire un candidato afroamericano (Barack Obama) che catalizza le speranze e le aspirazioni delle fasce meno tutelate della società americana o, di contro, l’evento epocale di una possibile candidata (Hillary Clinton) che esalterebbe con il suo essere donna, l’affermazione dell’altra metà del cielo in una nazione dove, purtroppo spesso solo a parole, le donne sono pari agli uomini. Lo stesso candidato repubblicano John Mc Cain, ormai quasi solo nella corsa alla poltrona di presidente, sta conoscendo autentici bagni di folla, fiduciosa e in attesa di tante risposte da un possibile presidente, dal futuro dei mutui casa al dollaro debole, dalla recessione alle truppe americane presenti in Medio Oriente, o da quello che viene chiamato il “fattore Iraq”. Bisognerà attendere ancora qualche mese per sapere come andrà a finire e se asfidarsi saranno Mc Cain contro Obama o Clinton contro Mc Cain. Per ora, comunque, ne esce vittoriosa la democrazia che, ad onta di ogni giudizio di parte dei soliti intellettuali di sinistra della Magna Grecia non veltroniani, in America non è una mera enunciazione di principio ma una disciplina praticata. Proprio come l’american soccer.
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