Martedì, 29 Gennaio 2008 00:00

LA MEMORIA

Non avevamo dimenticato il giorno della memoria. La tristezza ci ha sopraffatti e abbiamo passato la domenica a vedere tutti i programmi delle reti televisive, tanto da rimanere attoniti e senza parola davanti alla grande tragedia della Shoà. Ho ricordato di essere stato, oltre dieci anni fa, nella regione della Turingia, a distanza di pochi mesi dal crollo del Muro di Berlino. Eravamo di diverse nazionalità, per un meeting sullo sviluppo economico dei nostri territori. I tedeschi, nostri ospiti di turno, probabilmente su richiesta degli israeliani presenti (uno di loro all’epoca era il vicesindaco di Askhelon, nel sud di Israele e aveva perso una parte della famiglia proprio lì) hanno pensato bene di farci visitare il campo di sterminio di Buckenwald.
LA MEMORIA
 
Non avevamo dimenticato il giorno della memoria. La tristezza ci ha sopraffatti e abbiamo passato la domenica a vedere tutti i programmi delle reti televisive, tanto da rimanere attoniti e senza parola davanti alla grande tragedia della Shoà. Ho ricordato di essere stato, oltre dieci anni fa, nella regione della Turingia, a distanza di pochi mesi dal crollo del Muro di Berlino. Eravamo di diverse nazionalità, per un meeting sullo sviluppo economico dei nostri territori. I tedeschi, nostri ospiti di turno, probabilmente su richiesta degli israeliani presenti (uno di loro all’epoca era il vicesindaco di Askhelon, nel sud di Israele e aveva perso una parte della famiglia proprio lì) hanno pensato bene di farci visitare il campo di sterminio di Buckenwald. E’ stata un’esperienza drammaticamente unica, specie quando abbiamo visto con i nostri occhi gli stanzoni delle “docce” ei forni crematori. Tutto trasudava orrore e i perché si perdevano nell’aria, come i voli delle prime rondini appena arrivate anche tra le brume del Nord. Ricordare è sì vivere, ma anche perpetuare, scavare un solco tra il bene e il male, non dimenticare il sangue di sei milioni di ebrei, colpevoli solo di essere ebrei. Joyce Lussu (che ho avuto l’onore di conoscere proprio a Matera negli anni Settanta, quando la città dei Sassi non era diventata preda di disinvolti palazzinari di centrosinistra e di centrodestra, di navigatori di piccolo corso della politica affaristica o di intellettuali della Magna Grecia) seppe esprimere il massimo del dolore in questa poesia. Un’occasione, a 48 ore dal giorno della Memoria, per meditare ancora…
 
C'È UN PAIO DI SCARPETTE ROSSE
 
C'è un paio di scarpette rosse
numero ventiquattro
quasi nuove:
sulla suola interna si vede ancora la marca di fabbrica
"Schulze Monaco".
C'è un paio di scarpette rosse
in cima a un mucchio di scarpette infantili
a Buckenwald
erano di un bambino di tre anni e mezzo
chi sa di che colore erano gli occhi
bruciati nei forni
ma il suo pianto lo possiamo immaginare
si sa come piangono i bambini
anche i suoi piedini li possiamo immaginare
scarpa numero ventiquattro
per l' eternità
perché i piedini dei bambini morti non crescono.
C'è un paio di scarpette rosse
a Buckenwald
quasi nuove
perché i piedini dei bambini morti
non consumano le suole.
                                                             Joyce Lussu
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