Domenica, 25 Aprile 2010 00:00

25 APRILE 2010: ORA E SEMPRE

Lo scrivemmo l’anno scorso e lo ripetiamo oggi: non si tratta di una festa. E’ una ricorrenza, quella del 25 Aprile, che assume le sembianze di un atto di democrazia partecipata. Il presidente della Repubblica, Giorgio NapolItano, già nella giornata di ieri a Milano, ha saputo dare perfettamente il senso di quello che è il sostrato della epubblica italiana: la democrazia. Per una volta vogliamo pensare che la commozione del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi non sia stata un mero pretesto per rendersi più “umano" e partecipe degli alti ideali che questo evento racchiude. Nel contempo, il nostro pensiero non può non andare al presidente della Camera, a quel Gianfranco Fini, che oggi rappresenta uno dei capisaldi della democrazia nazionale.

25 APRILE 2010: ORA E SEMPRE

Lo scrivemmo l’anno scorso e lo ripetiamo oggi: non si tratta di una festa. E’ una ricorrenza, quella del 25 Aprile, che assume le sembianze di un atto di democrazia partecipata. Il presidente della Repubblica, Giorgio NapolItano, già nella giornata di ieri a Milano, ha saputo dare perfettamente il senso di quello che è il sostrato della epubblica italiana: la democrazia. Per una volta vogliamo pensare che la commozione del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi non sia stata un mero pretesto per rendersi più “umano" e partecipe degli alti ideali che questo evento racchiude. Nel contempo, il nostro pensiero non può non andare al presidente della Camera, a quel Gianfranco Fini (che oggi rappresenta uno dei capisaldi della democrazia nazionale) che, da tre giorni circa, ha finito per rendere ossequio, anche operativamente, al , anche in un partito a totale e fidelizzato dirigismo, qual è il Pdl, co-fondato con il capo del Governo.
Negli appuntamenti previsti in tutti i centri italiani (e la città di Matera, che si sollevò contro gli oppressori e i loro servitori già il 21 settembre del 1943, onorerà l’evento soprattutto con un Consiglio comunale democraticamente eletto e appena rinnovato) si ricorderà a tutti che il 25 aprile del 1945 l’Italia fu liberata per sempre dall’oppressione nazifascista. Le armate alleate che risalirono dal Sud Italia e le forze partigiane che operavano nel Nord si congiunsero per ridare dignità, speranza e fede democratica alla nazione italiana. Nel Comitato di liberazione n azionale erano presenti tutte le componenti antifasciste, dai comunisti ai socialisti, dai popolari agli aderenti a Giustizia e libertà, dai liberali ai monarchici. Tutti insieme per  liberare l’Italia dagli anni bui della guerra e del regime dittatoriale del fascismo. Dalla buona pianta dell’antifascismo nacquero gli alber5i del referendum istituzionale tra monarchia e Repubblica e l’netusiasmante stagione della Costituzione repubblicana, un bene sovrano, prezioso e comune, da difendere e onorare senza mai perdere di vista il suo formidabile portato di Carta dei principi della democrazia e della libertà. Ci sembra opportuno riproporre, per l’occasione l’epigrafe stilata dal grande partigiano e giurista Piero Calamandrei nel 1952, in risposta alle dichiarazioni deliranti del capo supremo delle forze armate naziste Albert Kesselring. Processato nel 1947 per crimini di Guerra (Fosse Ardeatine, Marzabotto e altre orrende stragi di innocenti), Albert Kesselring, comandante in capo delle forze armate di occupazione tedesche in Italia, fu condannato a morte. La condanna fu commutata nel carcere a vita. Ma già nel 1952, in considerazione delle sue condizioni di salute, egli fu messo in libertà. Tornato in patria fu accolto come un eroe e un trionfatore dai circoli neonazisti bavaresi, di cui per altri 8 anni fu attivo sostenitore. Pochi giorni dopo il suo rientro a casa Kesselring ebbe l'impudenza di dichiarare pubblicamente che non aveva proprio nulla da rimproverarsi, ma che - anzi - gli italiani dovevano essergli grati per il suo comportamento durante i 18 mesi di occupazione, tanto che avrebbero fatto bene a erigergli... un monumento. A tale affermazione rispose Calamandrei, con una famosa epigrafe dettata per una lapide "ad ignominia", collocata nell'atrio del Palazzo Comunale di Cuneo in segno di imperitura protesta per l'avvenuta scarcerazione del criminale nazista.

Eccola:

Lo avrai
camerata Kesselring
il monumento che pretendi da noi italiani
ma con che pietra si costruirà
a deciderlo tocca a noi.
Non coi sassi affumicati
dei borghi inermi straziati dal tuo sterminio
non colla terra dei cimiteri
dove i nostri compagni giovinetti
riposano in serenità
non colla neve inviolata delle montagne
che per due inverni ti sfidarono
non colla primavera di queste valli
che ti videro fuggire.
Ma soltanto col silenzio del torturati
Più duro d'ogni macigno
soltanto con la roccia di questo patto
giurato fra uomini liberi
che volontari si adunarono
per dignità e non per odio
decisi a riscattare
la vergogna e il terrore del mondo.
Su queste strade se vorrai tornare
ai nostri posti ci ritroverai
morti e vivi collo stesso impegno
popolo serrato intorno al monumento
che si chiama
ora e sempre

RESISTENZA

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