Circa un quarto di secolo fa, mi sono trovato per motivi di lavoro a visitare Israele e Gerusalemme. Nel giro previsto dal tour operator c’era anche lo Yad Vashem, il Museo della Shoah.
Lì vidi le testimonianze degli orrori commessi dai nazisti e i “frutti” scellerati della “soluzione finale”. Ma quello che mi toccò in maniera incancellabile fu il padiglione dedicato ai bambini.
Al di sotto del Museo, seguendo un percorso in discesa si entra in un enorme locale, all’inizio completamente buio. Procedendo nel cammino si intravede una candela accesa che, per un meraviglioso effetto di riflessione, diventa un abbraccio di luce, fatto da un milione e 500mila candele riflesse in ogni angolo della sala, pavimento e tetto compreso. Un milione e 500mila fiammelle, tante quanti furono i bambini ebrei sterminati dalla belluina ideologia nazista. E, mentre proseguivo in quel percorso verso l’uscita, una voce in sottofondo leggeva incessantemente i nomi di quei bambini, colpevoli solamente di essere ebrei. In quell’elenco, c’è anche il nome di quel bambino di tre anni o poco più che lasciò, prima di essere ucciso, un paio di scarpette rosse a Buchenwald. Joyce Lussu, che ho conosciuto proprio a Matera negli anni Settanta, seppe esprimere il massimo del dolore in questa poesia. Un’ occasione per non dimenticare, ma anche per ricordare tutti che il razzismo e la sopraffazione etnica devono essere combattuti ogni giorno della nostra esistenza. Giesse.
C'È UN PAIO DI SCARPETTE ROSSE
C'è un paio di scarpette rosse
numero ventiquattro
quasi nuove:
sulla suola interna si vede ancora la marca di fabbrica
"Schulze Monaco".
C'è un paio di scarpette rosse
in cima a un mucchio di scarpette infantili
a Buckenwald
erano di un bambino di tre anni e mezzo
chi sa di che colore erano gli occhi
bruciati nei forni
ma il suo pianto lo possiamo immaginare
si sa come piangono i bambini
anche i suoi piedini li possiamo immaginare
scarpa numero ventiquattro
per l' eternità
perché i piedini dei bambini morti non crescono.
C'è un paio di scarpette rosse
a Buckenwald
quasi nuove
perché i piedini dei bambini morti
non consumano le suole.