Mercoledì, 08 Giugno 2022 15:41

LA SCOMPARSA DI MONS. MICHELE SCANDIFFIO

L’Arcivescovo della Diocesi di Matera-Irsina Mons. Antonio Giuseppe Caiazzo, ha annunciato a tutti i fedeli che lunedì mattina 6 giugno, è nato alla Vita Eterna SS. E. Mons. Michele Scandiffio,  Arcivescovo emerito di Acerenza”.

“Siamo grati al Signore” è scritto nel comunicato diramato dall’Ufficio Comunicazioni Sociali diocesano “per aver donato alla sua Chiesa un Pastore zelante e buono, costantemente impegnato ad annunciare, a celebrare e a vivere il Vangelo di Gesù. Uomo silenzioso, impregnato di preghiera, sempre attento alle necessità e ai bisogni di tutti, aveva particolarmente a cuore le vocazioni e la vita sacerdotale e religiosa” La salma è stata esposta nei locali della Parrocchia di S. Giacomo, e le esequie sono state celebrate ieri 7 giugno nella Basilica Cattedrale di Matera, officiate da Mons. Antonio Giuseppe Caiazzo insieme ai Vescovi della Basilicata. “La salma verrà tumulata nel cimitero di Pomarico, suo paese natio. Per espressa sua volontà si invita a non portare fiori ma opere di carità”.

 Di seguito il ricordo del sacerdote Pasquale Orlando.

Chi ha avuto il dono di concelebrare con mons. Scandiffio, non può non confermare come davvero queste parole messe in incipit, descrivono bene il suo atteggiamento nella celebrazione: la viva consapevolezza di celebrare la Messa come se fosse la prima, l’unica e l’ultima. Ancor più disarmante è il vedere quegli occhi lucidi che con fatica trattengono lacrime di devozione e commozione ogni qualvolta avviene la consacrazione. Il momento dell’elevazione dell’ostia consacrata si manifesta visibilmente come un incontro reale tra due persone che si conoscono da sempre e in quell’incrocio di sguardi si consuma un dialogo intimo e segreto.
Gli occhi del Vescovo non possono celare la profondità e la bellezza di ciò che sta accadendo, un po’ come la singolare esperienza di Pietro, Giacomo e Giovanni sul monte della trasfigurazione: “È bello per noi Signore, restare qui …”
È di fatto impossibile comprendere la personalità dell’uomo e del prete al di fuori dell’Eucaristia: ogni sua azione, ogni suo gesto rimandano sempre e solo alla logica del sacrificio eucaristico. Mi sembra questa la prospettiva migliore per poter, come collaboratore e amico, aprire velocemente una finestra sulla sua personalità.
La sua biografia ci è ben nota, ma giova ripercorrerla brevemente. Nasce a Pomarico il 29 settembre 1928. Entra da ragazzo al Seminario Minore di Potenza, dove svolge i cinque anni di studi ginnasiali. Prosegue con gli studi liceali al Seminario regionale di Molfetta e poi quelli filosofico-teologici presso il Seminario Maggiore di Salerno. Viene ordinato presbitero l’8 luglio del 1951. Nella diocesi di Matera svolge i seguenti incarichi: vicario cooperatore a Miglionico, vicario coadiutore e quindi parroco di Sant’Agostino in Matera negli anni 1950-1960. Chiamato ad essere canonico penitenziere della Cattedrale, svolge quest’incarico per molti anni fino a quando viene nominato Parroco della Parrocchia San Giovanni Battista nella città di Matera.
Viene eletto Arcivescovo di Acerenza il 30 aprile 1988, riceve l’ordinazione episcopale nella Cattedrale di Matera il 9 luglio 1988 dall’Arcivescovo di Napoli, il cardinale Michele Giordano. Immesso nel possesso canonico “per procuratorem” il 29 agosto 1988, inizia il ministero pastorale il 3 settembre 1988, rimanendo nella medesima diocesi fino a settembre 2005.
“Caritas Christi urget nos” (2Cor 5,14). Mosso dall’intenso desiderio di farsi conforme al suo motto episcopale, il ministero di Monsignor Scandiffio si caratterizza per lo zelo pastorale a servizio del gregge affidatogli: “L’amore del Cristo infatti ci sospinge (traduzione CEI 2008: possiede); e noi sappiamo bene che uno è morto per tutti, dunque tutti sono morti. Ed egli è morto per tutti, perché quelli che vivono non vivano più per se stessi, ma per colui che è morto e risorto per loro. Cosicché non guardiamo più nessuno alla maniera umana; se anche abbiamo conosciuto Cristo alla maniera umana, ora non lo conosciamo più così. Tanto che, se uno è in Cristo, è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate; ecco, ne sono nate di nuove. Tutto questo però viene da Dio, che ci ha riconciliati con sé mediante Cristo e ha affidato a noi il ministero della riconciliazione” (2Cor 5,14-18).
Fondamentali nel percorso diocesano i Convegni pastorali d’inizio anno, della durata di due o tre giorni, con la presenza di relatori molto qualificati, del presbiterio tutto e di delegati di tutte le parrocchie della diocesi: “Perché il Convegno ecclesiale? Perché sia offerto alla nostra Chiesa un momento forte di sosta, per ritrovare nella preghiera, nell’ascolto, nella riflessione personale e nello scambio fraterno la gioia dell’appartenenza a questa nostra Chiesa locale. È grazia il Convegno, che sollecita a sincera conversione, a sperimentare la gioia dell’unità, a scoprire la nostra responsabilità, ad incentivare la nostra disponibilità al servizio. … È esperienza forte il Convegno di comunione fraterna, di solidarietà e di condivisione. È sempre significativo ed importante il convegno: occorre vincere la tentazione della stanchezza, dello scetticismo, del ripiegamento su se stessi” (Mons. Michele Scandiffio, Discorso inaugurale del Convegno ecclesiale 1996).
Grande cura poneva il Vescovo nella preparazione delle omelie, specialmente quelle del Natale, della Pasqua e del Giovedì Santo.
Pietre miliari del suo ministero episcopale sono state le celebrazioni per il IX centenario della Cattedrale di Acerenza, il Congresso Eucaristico Diocesano e la Visita Pastorale.
Il IX centenario della Cattedrale, le cui celebrazioni iniziarono il 24 maggio 1994 e si protrassero fino al 25 giugno 1995, fu un’occasione propizia, “un tempo privilegiato, , una sorta di anno giubilare invitante a preghiera, riflessione, conversione” per contemplare, alla luce della bellezza della Basilica Cattedrale, il mistero di Cristo, della Chiesa e del cristiano: “Così, riferendoci al tempio che è Cristo, è il tempo dell’invito accorato del Padre: entra in Lui, làsciati inserire in Lui. Rimani in Lui per godere del flusso vitale sovrabbondante che ti rende idoneo a produrre frutti copiosi e duraturi in te e nel mondo che ti circonda. Siate templi! Il tempio splendido, espressione della fede dei padri, è il luogo privilegiato del nostro sostare in contemplazione, del nostro incontrare Dio e dialogare con Lui, del nostro trasformarci in Lui” (Mons. Michele Scandiffio, Discorso d’apertura del IX centenario, Acerenza, 24 maggio 1994)
Il Congresso Eucaristico Diocesano, celebrato dal 18 giugno 1996 al 25 giugno 1996 e preparato, accompagnato e seguito da molte iniziative pastorali e catechetiche, fu un’occasione privilegiata per tutta la comunità diocesana a fissare gli occhi sul Mistero eucaristico, fonte e culmine della vita della Chiesa, promuovendo un forte rinnovamento in senso missionario delle parrocchie, chiamate a porsi al servizio della nuova evangelizzazione proposta e chiesta con forza da San Giovanni Paolo II: “La missione di Cristo affidata alla Chiesa è ancora lontana dal suo compimento. Le nostre comunità evidenziano una scarsa sensibilità per la missione. E ciò è molto grave perché si rischia di ghettizzarsi, ma molto di più perché l’assenza di questa dimensione mette in causa la consistenza, la vitalità, l’autenticità delle nostre comunità. … Dobbiamo confrontarci con il grido di Paolo: «Non è infatti un vanto per me predicare il Vangelo; è un dovere per me: guai a me se non predicassi il Vangelo» (1Cor 9,16). La missionarietà della Chiesa è fondata sulla stessa missione trinitaria; l’impulso missionario appartiene all’intima natura della vita cristiana. … La missione rinnova la Chiesa, rinvigorisce la fede e l’identità cristiana, dà nuovo entusiasmo: la fede si rafforza donandola” (Lettera pastorale per il Congresso Eucaristico Diocesano, 22 maggio 1994, n. 18)
La Visita Pastorale, indetta il primo dicembre 1991, iniziata il 26 aprile 1992 e compiuta il 13 giugno 1993, è stata un’esperienza privilegiata dell’amore per il gregge, segno dell’immensa carità di Cristo buon Pastore: “Vengo fra voi con grande gioia, con nel cuore la passione di una paternità che si estende a ciascuno. Non mi spinge calcolo umano, né curiosità, né ricerca meramente sociologica, ma la volontà di confermarvi nella fede e di far divampare nei cuori la conoscenza e l’amore di Cristo nostro salvatore” (Mons. Michele Scandiffio, Lettera pastorale in preparazione alla Visita Pastorale, Acerenza, 1 dicembre 1991).

Determinante in tutte le sue iniziative, predicazioni e gesti è stata la sua forte spiritualità e l’intensa vita di preghiera, che lo hanno spinto a cercare d’intessere rapporti di intensa paternità con i presbiteri e a pregare e a operare molto per le vocazioni al ministero ordinato. Dal 1998 al 2005 sono ben venti i presbiteri da lui ordinati (più uno, da Vescovo emerito, il 30 agosto 2014).
Intenso è stato anche il suo impegno nella pastorale giovanile, curando sempre molto la celebrazione diocesana in ogni singola Parrocchia della diocesi, essendo stata sempre la Parrocchia il fulcro della sua azione pastorale: “Luogo privilegiato della catechesi resta la parrocchia … Essa deve ritrovare la propria vocazione che è quella di essere una casa di famiglia fraterna ed accogliente, dove i battezzati e i cresimati prendono coscienza di essere popolo di Dio. Lì il pane della buona dottrina e il pane eucaristico sono ad essi spezzati in abbondanza, di lì essi sono rinviati quotidianamente alla loro missione apostolica in tutti i cantieri della vita dell’uomo” (Lettera pastorale quaresimale, Acerenza, 28 febbraio 1990).
Dopo aver concluso il suo ministero episcopale a servizio della diocesi, a lui affidata nell’anno 1988, sono personalmente testimone che la sua costante preghiera rimane improntata da un totale abbondono alla volontà di Dio, come chi consegna tutto il suo operato, non in maniera formale. a Dio Padre che tutto scruta e conosce.
È sempre vivo in lui anche la consapevolezza dei limiti dei pastori rispetto all’imponenza della missione ricevuta. Spesso, in maniera confidenziale, nelle nostre indimenticabili passeggiate tra i boschi della nostra amata terra, amava ripetere a modo di preghiera: “mio Signore sono stato sempre fedele al Tuo volere? Ho aiutato la tua Chiesa ad essere sempre secondo il tuo cuore?”
Possiamo dire che questo è il suo grande “tormento” interiore. Ovviamente intendiamo per “tormento” quella “santa inquietudine” che ci deve fare essere sempre desti e vigilanti per evitare di lasciarsi prendere dal torpore della mediocrità spirituale. Il fulcro di tutto questo era il suo rapporto con il presbiterio costituito in maggioranza da preti ultrasessantenni. Tutti possiamo attestare il suo zelo e le sue preghiere per le vocazioni che il buon Dio prontamente ascoltò, infatti nei suoi 16 anni circa di ministero (1988-2005) il Signore gli ha concesso di vedere rinvigorire la famiglia sacerdotale con il dono di tante nuove vocazioni: a fronte di 16 sacerdoti defunti ne ha ordinati 20 novelli. Ancora oggi le sue preghiere e i suoi “santi rosari” sono perché Dio non faccia mancare santi operai nella sua messe.
Noi tutti ordinati da lui lodiamo il Signore perché attraverso questo vescovo non ci ha fatto mancare la dimensione profondamente paterna. Il particolare amore per i suoi “preti giovani”, rivelava la logica di chi era preoccupato per i più piccoli, che dovevano ancora farsi l’ossatura per poter far fronte alle sfide del secolo moderno. Al contrario, il rapporto con i presbiteri più anziani risultò essere più “teso”, perché con loro sembrava più severo e più rigido, soprattutto quando c’era da affrontare la questione spinosa degli avvicendamenti dei parroci. Ancora non erano in vigore le attuali normative della CEI circa il tempo di parrocato. Vi erano sacerdoti parroci da più di 40 anni in una determinata parrocchia. Alcuni avevano la mentalità che la parrocchia era “proprietà” del parroco come unico responsabile. In ciò, lo sforzo paziente e non di rado sofferente del Vescovo fu tutto teso a favorire ciò che più era conveniente al bene spirituale della Diocesi e della comunità presbiterale, ben sapendo che il gregge appartiene esclusivamente all’unico buon Pastore Gesù Cristo. Nelle sante inquietudini del Vescovo c’è il ricordo di decisioni prese in quella delicata congiuntura.
Tra le cose a cui teneva maggiormente, vi è senz’altro il tempo da trascorrere con i suoi nuovi preti. Molto apprezzate erano le settimane estive che sempre faceva organizzare dall’ufficio di pastorale vocazionale: tempo da trascorrere con i seminaristi, con tutti i novelli sacerdoti, ma anche con tutti i presbiteri che desiderassero partecipare all’intensa esperienza del “Seminario estivo”. Erano giorni in cui non solo faceva i colloqui personali con tutti i seminaristi e con tutti noi novelli sacerdoti, ma condivideva con loro il cammino spirituale. Nelle celebrazioni offriva sempre una particolare meditazione che ci aiutava a rivedere le nostre storie e rafforzare la nostra vocazione. Il suo modo personale e ascetico di celebrare colpiva molto i fedeli che partecipavano nella Messa domenicale nei vari paesini del Trentino in cui trascorrevamo queste vacanze estive, lasciandoli ammirati e spesso commossi. Infatti, è proprio del suo stile omiletico parlare in prima persona con ciascuno delle persone della SS. Trinità, con la Vergine Maria e con i Santi. Anche se ad alcuni poteva apparire singolare questa forma omiletica, essa manifesta la sua viva coscienza della Liturgia come incontro personale con il Signore e come vivo dialogo con lui. Lo stesso amore per il Santo Rosario, recitato più volte al giorno, rivela il suo vivo desiderio di contemplare i Misteri del Signore in filiale comunione con la Vergine Madre di Dio.
Per il Vescovo, il Seminario estivo era l’occasione di trasmetterci la sua santa ansia per il vero bene delle comunità e far comprendere che le parrocchie non dovevano essere considerate come proprietà personale e che lo stile del parroco doveva essere quello di stare in mezzo alla gente sull’esempio di Cristo nel suo gesto di lavare i piedi ai discepoli e non spadroneggiare su di essi.
Infatti, uno dei testi biblici a cui ispirava costantemente la sua predicazione e il suo agire pastorale, volendo anche che fosse proclamato come seconda lettura nelle ordinazioni presbiterali, è l’esortazione di San Pietro ai presbiteri nella sua Prima Lettera: “Esorto gli anziani che sono tra voi, quale anziano come loro, testimone delle sofferenze di Cristo e partecipe della gloria che deve manifestarsi: pascete il gregge di Dio che vi è affidato, sorvegliandolo non perché costretti ma volentieri, come piace a Dio, non per vergognoso interesse, ma con animo generoso, non come padroni delle persone a voi affidate, ma facendovi modelli del gregge. E quando apparirà il Pastore supremo, riceverete la corona della gloria che non appassisce” (1Pt 5,1-4).
Circa la sua dimensione propriamente umana, avendo trascorso con lui molto tempo, sia in Canonica a Calvello e sia a Contursi Terme, ho potuto conoscere da vicino e apprezzare la sua squisita umanità carica di delicatezza e giovialità nei suoi piccoli gesti. Soprattutto, anche in occasione di quelle esperienze, mi edificava il suo modo di celebrare la Santa Messa. Proprio in questi lunghi periodi ho potuto percepire le sue sante inquietudini e ascoltare il suo continuo pregare per chiedere perdono su quanto sentiva aver commesso non secondo il volere di Dio.
Dopo la sveglia, appena dopo l’alba, le giornate erano scandite dalla preghiera, dalla meditazione sui brani biblici della liturgia del giorno e dalla lettura del libro di meditazione. Quando il tempo lo consentiva, amava andare in montagna e immergersi nella natura con lunghe passeggiate in silenzio ammirando le sue bellezze fino alla commozione. Apprezzava la buona cucina, ma non doveva mai mancare il peperoncino di cui era molto ghiotto. “Sacro” era anche il riposino pomeridiano.
La celebrazione della S. Messa quotidiana col suo personale modo di vivere il momento eucaristico era sempre preparata da un tempo prolungato di preghiera personale nel primo banco e dal S. Rosario recitato con il popolo. Non mancava mai anche la telefonata ai suoi familiari.
La frugale cena era seguita anche da un buon bicchierino di grappa prima della partitina a tressette.
Durante il periodo delle cure termali a Contursi, oltre a ciò che era necessario per il corpo, voleva anche nutrire lo spirito visitando sempre come pellegrino il santuario di S. Gerardo Maiella e poi anche altri luoghi di interesse religioso e culturale.
Potremmo condividere tanti altri episodi o aneddoti sul caro mons. Scandiffio, ma spero di non aver tradito l’immensa grandezza spirituale di questo uomo giusto. Tanti altri confratelli avrebbero senz’altro da raccontare altri particolari o fatti che potrebbero arricchire ancora di più la conoscenza di questo nostro Vescovo. Io ho solo provato a scrivere nell’intendo di lasciar percepire il profumo umano spirituale e culturale di un vero uomo giusto. Non a caso ho scritto nel titolo “in punta di piedi…”. Il buon Dio, la Vergine Santa e tutti i Santi ora e sempre benedicano e sostengano i passi di un uomo che altro non desidera che poter contemplare il vero volto del Signore nella pienezza.

Di seguito il messaggio di cordoglio del Presidente della Regione Basilicata, Vito Bardi. 

“Mons. Michele Scandiffio, Arcivescovo emerito di Acerenza ha rappresentato per i lucani un punto di riferimento certo nel cammino semplice e totalizzante della fede. L’umiltà profonda è il suo testamento spirituale. Mons. Scanidiffio è stato un lucano dedicato alla Chiesa, profondamente impegnato nell’apostolato. Da arcivescovo emerito di Acerenza lascia il suo messaggio di fiducia perenne verso i giovani, cosi come più volte ribadito durante la giornata diocesana dei giovani celebrata in occasione del suo XXX anniversario di episcopato. Il suo ministero pastorale è stato segnato da importanti attività, dalla formazione permanente del clero e del laicato, alla prossimità educativa della comunità ecclesiale, dei giovani e dei loro percorsi vocazionali. Anche con la scuola di formazione del laicato resta traccia del suo fare concreto. La vita di Mons. Scandiffio è stata una vita cristiana completamente dedicata a tutti gli uomini e le donne di questa terra, una vita per ciascuno di noi lucani”.

Di seguito il messaggio di cordoglio dell’assessore regionale Francesco Cupparo (Politiche Agricole-Forestali-Alimentari).

“Con Mons. Michele Scandiffio,  Arcivescovo emerito di Acerenza, scompare una figura prestigiosa che ha guidato i cattolici lucani in una fase importante per la rinascita delle nostre comunità che è legata soprattutto ai valori cristiani di solidarietà e di aiuto a quanti ne hanno più bisogno”. A sostenerlo è l’assessore Francesco Cupparo (Politiche Agricole-Forestali-Alimentari) per il quale “chiunque nel proprio impegno politico ed istituzionale si richiama alla Dottrina Sociale della Chiesa si riconosce nell’impegno ecclesiale di Mons. Scandiffio e lo considera un punto di riferimento dell’agire politico e civico quotidiano. Dell’Arcivescovo di Acerenza conservo un ricordo significativo , impregnato con la preghiera alle necessità e ai bisogni di tutti, per rinnovare l’impegno dalla parte dei più deboli.

La morte di Mons. Scandiffio cade in contemporanea ad un evento di sangue in Nigeria, dove uomini armati di fucili hanno aperto il fuoco contro i fedeli dentro una chiesa cattolica nel Sud Ovest del Paese, uccidendo diverse persone, tra cui molti bambini, che celebravano la Solennità. Un  evento che – afferma Cupparo – sconvolge profondamente – le coscienze dei cattolici e nel ricordo di Mons. Scandiffio ci sollecita a rinnovare il nostro lavoro di servizio alle nostre popolazioni”.

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