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Venerdì, 07 Novembre 2008 00:00

PIU' DI UNA BELLA LEZIONE

Niente da dire. E’ stata una lezione di democrazia, quella che questa notte l’America ci ha impartito, mentre andavano in diretta gli esiti del voto per il presidente degli Usa. La lezione promana da più parti. Intanto l’evento epocale di un nero che sale al soglio più alto della massima potenza del mondo. Prima del 1964, anno di promulgazione delle leggi che assetavano un colpo alla discriminazione razziale, sarebbe stato impensabile. Da qualche ora il numero uno della Casa Bianca è di pelle scura, con origini americo – keniote. La seconda lezione ci viene dal discorso del candidato perdente, il repubblicano John Mc Cain, eroe del Vietnam.
PIU' DI UNA BELLA LEZIONE
 
Niente da dire. E’ stata una lezione di democrazia, quella che questa notte l’America ci ha impartito, mentre andavano in diretta gli esiti del voto per il presidente degli Usa. La lezione promana da più parti. Intanto l’evento epocale di un nero che sale al soglio più alto della massima potenza del mondo. Prima del 1964, anno di promulgazione delle leggi che assetavano un colpo alla discriminazione razziale, sarebbe stato impensabile. Da qualche ora il numero uno della Casa Bianca è di pelle scura, con origini americo – keniote. La seconda lezione ci viene dal discorso del candidato perdente, il repubblicano John Mc Cain, un eroe del Vietnam, che non solo riconosce la piena vittoria di Barak Obama, ma si accolla personalmente la responsabilità della sconfitta e si dichiara pronto a offrire la sua collaborazione al nuovo capo nel superiore interesse del paese. Il terzo elemento di riflessione ci viene dal presidente Obama, che definisce “meravigliosa” la telefonata del suo avversario, al quale riconosce lo sforzo e l’impegno per aver lottato sempre per il paese “ perché – dice – qui non ci sono rossi o blu, ma solo gli Stati Uniti d’America”. Mentre ci domandiamo perché gli avversari politici italiani, quando perdono, si rodono l’anima si chiudono a riccio, incapaci di intavolare un benché utile discorso con il vincitore che, dal canto suo, non riesce a celare la spocchia, ci viene da pensare a “Yes, we can” risuonato milioni di volte in queste settimane di passione elettorale Usa. E sì, Americans can (gli americani possono). E’ Walter che non può o, in lingua, he does’nt can
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