Domenica, 02 Ottobre 2011 07:22

OCCHI D' ARGENTO

Ucchj d’ argint’. Era il soprannome di famiglia di Franco Palumbo, l’amico che ci ha lasciato due giorni fa. Ora, dopo i ricordi dei tanti (spicca per commozione e bellezza quello dell’amico e sodale Raffello De Ruggieri in una intervista all’emittente Trm) e il diluvio di parole dei politici, ci sembra importante ricordarlo per quelle che erano state le nostre frequentazioni. Materano doc, espressione genuina della cultura che promanava dalla società contadina

Franco si faceva apprezzare per le sue doti di comunicazione immediata, di simpatia e per l’amore profondo che portava alla sua città. Era uno di quei rari esempi di amabilità e di educazione che, come nel suo caso, quando hanno radici lontane, ci fanno capire come il concetto di signorilità non abbia quasi mai a che fare con i quarti di nobiltà, anzi. Impegnato nelle organizzazioni scoutistiche, cofondatore del circolo La Scaletta, del quale era attualmente presidente, Franco aveva saputo farsi apprezzare in tutti gli ambienti cittadini e anche al di fuori della cerchia di mura della città dei Sassi. Presidente dell’Associazione di Maria Santissima della Bruna, aveva saputo riorganizzare quella struttura, attualizzando anche i programmi della ricorrenza religiosa del 2 Luglio. Da rotariano aveva presieduto con stile e capacità il club di Matera, contribuendo con il suo fare all’eliminazione di quella “puzza sotto il naso” che qualche iscritto, purtroppo, ha ancora e che ha fatto fiorire la nota sequela dei luoghi comuni sul Rotary Club, spesso alimentata solo dall’invidia e dalla stizza degli esclusi. Instancabile ideatore e realizzatore di attività in favore della città, era sempre disponibile ad accompagnare i tanti ospiti che arrivavano a Matera, estasiati dalla meraviglia dei Sassi. Avevamo una comune frequentazione, fatta di incontri, trasmissioni televisive in diretta, interviste. Ci ha lasciato una raccolta di poesie (che non aveva mai voluto pubblicare) in vernacolo materano e il grande insegnamento della  sua esperienza di vita. Davanti alla camera ardente allestita nella chiesa di palazzo Lanfranchi, la “Goccia” di Kengiro Azuma  sembrava essere diventata una lacrima. Ai familiari le condoglianze de Il Pomeridiano e quelle, affettuose, di chi scrive.

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